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Comunicazione 12 Agosto 2025

volevamo condividere questo post, scritto ieri su facebook dalla dottoressa Elisa Cezza, rappresentante di ANCI Lombardia nella Consulta Randagismo, referente Ufficio Diritti Animali dei Comuni di Gorgonzola e Vimodrone, che collabora anche con una grande Associazione per la difesa dei diritti animali ed un canile.

Recentemente la Cezza è apparsa nell'ispezione al canile sanitario di Milano (di cui abbiamo già scritto) in compagnia del consigliere Anelli, promotore della PLP4 e con i rappresentanti di allevatori e addestratori.

Questo stesso post ci risulta poi condiviso anche da pagine social, come quella denominata "La cinofilia che ci piace", chiaramente afferenti a questo stesso mondo, che inneggiano alla PLP4 e che si fanno vanto del suo supporto a questa norma indecente. Così come diversi suoi post ci risultano condivisi sulla pagina di Massimo Giunta, addestratore E.N.C.I. e anch'egli presente nell'ispezione del sanitario di Milano.


Questo il post in oggetto:  https://www.facebook.com/share/p/173nMYyTKd/


Di seguito troverete il testo che abbiamo preparato di una lettera aperta alla dottoressa Cezza. Speriamo ne condividiate i contenuti e gli intenti. Per chi ne ha piacere, vi invitiamo a condividere sulle vostre pagine social il post sopra riportato della dottoressa Cezza, aggiungendo il testo di questa lettera, facendo un semplice copia/incolla. Oppure vi invitiamo a condividere da chi vorrà pubblicarlo. Sperando che in questo modo la dottoressa Cezza si senta in dovere per lo meno di dare qualche spiegazione.

Grazie a tutti per la collaborazione!

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LETTERA APERTA ALLA DOTTORESSA ELISA CEZZA

 

Gentilissima dottoressa Elisa Cezza, vediamo oggi da lei pubblicato sulla sua pagina facebook un post, riguardante "l'ennesima rinuncia di proprietà", intriso di buoni sentimenti e di voglia di fare. 

Leggiamo come ormai le sia chiara, a lei come anche alle Amministrazioni, la gravità della situazione e del problema "canili"; di come è cambiata negli ultimi anni la popolazione dei cani nelle strutture pubbliche e private; di quali sono le difficoltà che ogni giorno affrontiamo e, ci lasci dire, anche i pericoli, perché certo non possiamo dire che i canili oggi siano strutture sicure per chi, come noi, le frequenta o ci lavora da ormai tanti anni. 

Questa lettera arriva infatti da chi nei canili ci lavora e ci fa volontariato. A volte le due cose insieme, visto che spesso il nostro può essere considerato più un "volontariato retribuito", un "lavoro a rimborso spese", che non un vero e proprio lavoro. Siamo quei "volontari formati", che in tanti casi a proprie spese hanno anche studiato e preso titoli, non in vista di lucro e guadagni, ma per rispetto dei cani e dei loro bisogni. Per provare a dare una mano... Quelli che per anni sono stati mandati allo sbaraglio dentro ai box dei cani, quelli che si rischiano la pelle a volte soltanto per garantire ai cani almeno una "passeggiata politica", ossia almeno una uscita settimanale dalla loro gabbia.


Siamo contenti che lei abbia anche ben inquadrato qual è oggi il problema più importante. Perché oggi finalmente vediamo una fondamentale presa d'atto.

Il problema vero viene dalla produzione di cani. Non c'è che dire... Tanto di cappello per il suo coraggio!

Dopo decenni infatti in cui si parlava solo del cosiddetto problema del "randagismo", come se questa fosse la causa di ogni male - "la piaga da debellare" - vediamo finalmente una presa di consapevolezza del fatto che la questione non sta qui, ma nel problematico rapporto fra cani e società, o forse meglio dire tra cani e mercato, visto che in fondo è di questo che si parla.


Ma con questo suo post lei ci svela una idea nuova che, per certi versi, ci risulta inaspettata e inquietante.

Lei sostiene che in una regione come la Lombardia - come ebbe lei stessa a dire durante la recente ispezione presso il canile sanitario di Milano, il randagismo non è ormai più un "problema" da molti anni - i canili continuano ad essere pieni, tanto che non riescono nemmeno più a far fronte alle continue richieste di cessione. lei ci dice inoltre che la quasi totalità delle richieste di rinuncia di proprietà riguardano cani di "simil-razza" o "incroci" di cani di razza.

Cioè lei dichiara che il problema sarebbero gli "incroci di razza" mentre lei assolve l'origine del problema: la selezione di razza da cui questi cani discendono direttamente

Ci faccia il piacere di rifletterci ancora dottoressa Cezza...


Se il fenomeno delle "nuove forme" di abbandono di certe particolari tipologie di cani è partito inizialmente nei canili delle grandi città, ormai lo si riscontra molto anche nei piccoli comuni, dove fino a qualche anno fa cani "potenzialmente pericolosi" era difficile anche solo vederli e incontrarli per strada. 

Forse sa cosa vuol dire dover gestire "certi cani" per chi, fino a ieri, aveva ospitato tutt'altro genere di soggetti, in strutture che spesso non dispongono di fondi per mettere in sicurezza gli animali e le persone negli spazi. 

Ma questo lei lo sa, ne siamo sicuri, dato i ruoli che ricopre. Data la enorme responsabilità che si sta prendendo di cambiare il destino di milioni di cani nel nostro paese.


Gentilissima dottoressa, le riportiamo solo alcuni dati, facilmente reperibili e riscontrabili per aiutarla a comprendere che le questioni sono ben più complesse di come le intende lei.

Nel 1950 (fonte ENCI) i cani con pedigree in Italia erano 8636, circa lo 0,81% del totale, o forse anche meno, principalmente cani da caccia e poco altro.

Oggi (fonte FCI e ANMVI) i cani di razza in Europa rappresentano circa il 15% del totale. 1,6 milioni soltanto in Italia!


Le domande che le poniamo sono molto semplici:


Siamo sicuri di assolvere gli allevatori e gli enti loro correlati dal disastro che oggi prendiamo in considerazione?

Secondo lei, che collabora con un'associazione animalista, da dove arrivano tutti questi meticci e simil-razza?

Non sono forse cani che discendono da cani presi in allevamento? In che mani sono dunque stati affidati, o meglio venduti?

Chi ha messo in circolo "certi cani"? Chi ha lavorato per ottenere la loro trasformazione psico-attitudinale fino al punto di renderli addirittura potenzialmente pericolosi? Da rendere pericoloso, secondo lei e secondo gli allevatori, anche farli riprodurre se non dentro qualche allevamento?

Lei lo sa che in Italia ci sono allevamenti, i cosiddetti "multirazza", che arrivano a vendere anche 600 cani l'anno?

Interveniamo con l'obbligo di formazione di stampo addestrativo-allevatoriale e non su di loro?

Lei lo sa che ci sono centinaia di "rescue di razza" in Italia, vere e proprie associazioni no-profit, che si occupano di recuperare e ricollocare cani di razza commercializzati dagli allevatori per evitar loro il canile? 

Che ci sono migliaia di volontari che si occupano di adottare le cosiddette "fattrici a fine carriera", cedute dopo una vita fatta solo di gravidanze e svezzamenti, dopo aver visto ogni volta i propri cuccioli portati via ad uno ad uno per essere venduti, o magari tutti assieme, per riprendere con un altro giro di produzione? Cani soggetti a parti cesarei multipli?

Lo sa che ci sono volontari che si occupano di ritirare quei cuccioli, nati con "difetti fisici", che dunque resterebbero invenduti o che magari verrebbero uccisi, magari dalla stessa  mamma o dai fratelli? Perché per certi cuccioli basta fare molto poco, a volte nulla, perché muoiano poi di morte "naturale".

Senza parlare di quei cani di razza che arrivano dai laboratori di sperimentazione, anche questi allevati, venduti e poi ritirati dai soliti spremuti volontari quando arrivano a "fine carriera". 

Nessuna azione contro l'allevamento più o meno organizzato da parte sua? Solo distinzioni fra migliori e peggiori allevatori?


La stanno usando dottoressa Cezza e, se non se ne accorge, tramite lei useranno tutti noi, cani e persone già in grave difficoltà.


Le poniamo quindi un'altra semplice riflessione dottoressa, sebbene questo nostro pensiero, lo sappiamo, potrebbe anche sembrarle ardito.


Non sarebbe il caso di abbandonare il folle progetto del PLP4 e indagare nel 2025 (34 anni dopo la Legge quadro 281) - ora che la politica si è smossa, come dice lei - sul tutto il comparto commerciale/lucrativo dei cani, legale o illegale che sia? Lei crede davvero che i due piani siano così slegati?


Tutti questi meticci di simil-razza che arrivano in canile sono il frutto di cani comprati in qualche luogo di produzione e smercio canino, presi magari con pedigree per poi farli accoppiare "in proprio", esattamente come fanno coloro dotati di affisso, per vendere cucciolate rubate alle madri e arrotondare i propri stipendi, magari nella speranza un domani di convertirsi in un allevamento legale. Perché è così che cominciano tanti e i confini sono molto spesso labili

Il problema, dottoressa Cezza, è l'idea del cane che lei pare condividere, le cui degenerazioni sono la logica conseguenza di un sistema di sfruttamento a cui capo c'è  E.N.C.I., l'ente a cui lei ci vuole consegnare.

Tutti i cani venduti hanno in comune la stessa caratteristica: sono "figli o nipoti" di qualche cane con pedigree,  questo il loro biglietto da visita: sono discendenti di quello che lei chiama allevamento legale. Ma lei forse lo chiama etico? C'è da chiedersi dottoressa, se fosse così, da che parte sta!


Le ricordiamo per concludere, per ora, che la sua stessa Regione aveva proposto di imporre per legge il termine dei tre mesi, anziché due come oggi, come età minima per poter vendere un cucciolo ( Legge lombarda n. 15, del 29 giugno 2016) e che questa proposta ha trovato la feroce opposizione proprio di E.N.C.I. 

In Inghilterra il limite minimo fissato per le vendite corrisponde a sei mesi. In Italia i rappresentanti dei canili collaborano con le istituzioni e gli allevatori per far girare altri soldi verso i venditori incontrollati. Forse è inutile chiederle a che gioco sta giocando. Forse lei stessa non lo sa di cosa si è resa partecipe. Lo diciamo perché ci risulta  impegnata sul campo, solo per questo proviamo a doverle un minimo di rispetto. 


E.N.C.I., quelli con cui lei oggi visita i canili, quelli che vorrebbero imporre un patentino basato su metodi inaccettabili e solo per i meticci.. E.N.C.I. sa che sta incrementando il suo business, sa che il PLP4 è una mossa astuta per allargarsi sul mercato sulle ali dell'emergenza canili.

Dunque Elisa, mentre E.N.C.I. si sfrega le mani e i politici complici acconsentono, lei veramente pensa che il PLP4 sia la strada?

Non sarebbe forse il caso di cambiare idea e trovare il modo di aprire inchieste parlamentari sulle violente truffe commerciali del mondo allevatoriale più o meno legale, su come i cani vengono prodotti, venduti e ceduti ad esempio sui canali del web, anche per vie "riconosciute" e "ufficiali"?


Se vogliamo essere onesti dovrebbe diventare illegale fare mercato sulla pelle dei cani, perché è da questo "non detto" che è nata anche l'imprenditoria del randagismo, che i canili li vuole pieni, a danno dei cani e della gente come noi. 


Per i cani!


 
 
 

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